Dal “Decameron” di Giovanni Boccaccio

Spettacolo vincitore del festival teatro Comico San Salvatore Telesino (BN) 1999


Drammaturgia:
Roberta Sandias

Regia: Maurizio Azzurro
Scene e Costumi: Ennio Ecuba, Veronica Netti
Musiche: Vincenzo Liguori
Attori in scena: Gennaro di Colandrea, Maurizio Azzuro, Michele Tarallo, Antonio Vitale, Valentina Elia, Roberta Sandias

Dalle novelle del ciclo di Calandrino, tra le più celebri del “Decameron” di Giovanni Boccaccio, nasce l’idea dello spettacolo. I quattro episodi formano un’unica serie comica in cui ricorre la figura dell’ingenuo pittore Calandrino e dei suoi beffeggiatori, Bruno e Buffalmacco, di Monna Tessa e di Mastro Simone, medico bolognese “ricco di beni paterni più che di scienza”. Un tourbillon di beffe e raggiri rende la materia letteraria viva e tinta di toni farseschi, gli episodi si susseguono in uno scoppiettante crescendo di comicità, fino all’apice finale.

Bersaglio delle beffe è Calandrino, vero e proprio personaggio comico di carattere, che offre a Bruno e Buffalmacco continue occasioni di ordire veri e propri inganni , grazie alla sua ingenuità disarmante che gli fa credere di poter diventare invisibile grazie ad una pietra magica.

L’allestimento affronta il testo originale rispecchiandone l’architettura, ma scucendo e ricucendo abilmente gli episodi, alleggerendo il linguaggi per renderelo più fruibile anche ai più piccini, ed arricchendolo di gags ed azioni sceniche di grande impatto.

Il Decameron, specchio dell’umana condizione più che di un’epoca ben si presta, grazie alla sua modernità, ad un lavoro di messa in scena.

E’ la Firenze del 1300 a fare da sfondo all’allestimento teatrale delle novelle, che si scompongono e si ricompongono in un’unica storia che vede come protagonisti tutti i personaggi creati dal Boccaccio. Ad essi si aggiunge un personaggio nuovo, che si inserisce nel tessuto della storia e si mescola omogeneamente ai protagonisti: si tratta di Monna Fiammetta, battezzata così per ricordare quella Maria figlia illegittima di Roberto D’Angiò, che il Boccaccio conobbe nel 1334 a Napoli.